06 novembre, 2007

Interviste a Profste

Poco fa vi ho detto dell'intervista realizzata per Tradando in occasione della mia partecipazione alla manifestazione di venerdì prossimo (dove vi aspetto con un mio intervento alle 12:30 presso la Sala Convegni e per rispondere alle vostre domande per tutto il giorno presso lo stand Traderlink). Girando per il sito mi sono accorto che in realtà era già uscita, posso così riproporvela anche su queste pagine:

1. Raccontaci un “salvataggio sulla linea”, un’operazione che poteva portare a una grande perdita, evitata alla fine. Quale dote ti ha aiutato di più?
Personalmente sono molto contrario al concetto di “salvataggio sulla linea”, che ritengo estremamente diseducativo e in ultima analisi può risultare molto costoso. Preferisco di gran lunga pagare il prezzo dei miei errori, che sono tanti, che non viziare la mia mente abituandola che ci può essere una via d’uscita, cosa che, ripeto, può in futuro costare molto cara.Con questo non voglio dire che non ho avuto situazioni simili, ma le ritengo in ogni caso negative.
Alla fine di ogni trade nel mio diario registro un commento incentrato prevalentemente su come ho tradato e non sul fatto se il trade mi abbia dato una perdita o un profitto. A volte posso aver guadagnato, ma aver tradato malissimo; altre volte posso aver perso, ma aver segnato in tutta evidenza sul mio diario: “trade perfetto” (che come immaginerete è una rarità).

2. Solitamente un trader si specializza in pochi mercati. Qual è il tuo, quale sceglieresti per cambiare e perché?
E’ vero, io do molta importanza alla specializzazione, che a volte porto a livelli estremi. Ad esempio, in fase di apprendimento consiglio ai neofiti di trovare un solo mercato e specializzarsi su quello. Un po’ come la pista da sci fatta e rifatta centinaia di volte fino a raggiungere la perfezione. Questo è ottenibile grazie la simulazione, che permette di perfezionare e migliorare il proprio trading, esattamente come fanno gli sportivi professionisti. In tal senso, consiglio vivamente il simulatore recentemente incluso nell’ultima versione di Visual Trader, ma presente anche in altri ottimi software come ad esempio il NinjaTrader, come strumento indispensabile per raggiungere l’eccellenza nel trading.
Tornando alla domanda, i miei mercati di riferimento sono i future sugli indici azionari, quindi i classici Dax, Eurostoxx 50, S&P 500, senza dimenticare il nostro S&P MIB, è tuttora al centro della mia operatività, anche per problemi di orari, oltre che di strategia. Infatti, la sua chiusura anticipata rispetto agli altri permette da un lato di non essere costretti a stare sui mercati dalle 8 alle 22, ma di selezionare determinati orari come cruciali; dall’altro questo stesso fatto permette di impostare una strategia basata sui gap di apertura molto redditizia.
A volte, pur facendo trading in modo professionale ed esclusivo, mi rendo conto che superate le 2/3 h consecutive davanti al monitor il mio giudizio tende ad annebbiarsi e soprattutto perdo di vista il quadro generale, lasciandomi maggiormente influenzare dalle micro fluttuazioni sui time frame più bassi.
Ecco che le relativamente limitate ore di contrattazioni del fib mi permettono di ridurre a due sessioni quotidiane di 2/3 h ciascuna la mia operatività intraday.

3. Uscire da un trade è più difficile che entrare, e forse il talento sta proprio in come si esce. Tu su che basi lo fai, quando non lo hai deciso in anticipo?
Direi piuttosto che uscire da un trade è più importante che entrare, ma è fondamentale aver sempre deciso in anticipo e chiaramente un punto di uscita, specialmente per quanto riguarda il rischio e quindi lo stop loss. A mio parere, si può eventualmente evitare di decidere il primo target, ma mai entrare in un trade senza conoscere esattamente il proprio rischio. Anche l’entrata più assurda e basata su una mera impulsività (cosa di per sé estremamente negativa) può avere una sua logica solo se si ha ben chiaro e predeterminato il rischio (e quindi lo stop loss).
Una regola di uscita, utile soprattutto in intraday, che io utilizzo spesso e di cui parlavo proprio ieri sera con un amico, è che a fronte di un inaspettato e repentino movimento in proprio favore (ad esempio uno Spike improvviso e inatteso) è sempre meglio uscire prima e porsi delle domande dopo. Qualsiasi domanda: anche quella se fosse stato meglio restare nel trade oppure sulle ragioni che hanno causato lo spike.

4. Dopo tanti anni, forse sono stupido, ma non ho capito ancora bene la differenza tra investimento e speculazione, a parte forse la durata… tu che idea hai?
Anzitutto va detto che purtroppo nella lingua italiana il termine speculare ha un’accezione fortemente negativa, cosa che non condivido. La speculazione svolgere una funzione fondamentale nel funzionamento dei mercati finanziari in quanto provvede gli stessi di quella liquidità di cui necessitano per funzionare. Ad esempio nei derivati, mancando la speculazione e quindi la liquidità fornita dalla stessa, non si avrebbe la possibilità di utilizzare tali strumenti per coprirsi dai rischi che, lo ricordo, è lo scopo alla base dell’esistenza stessa di tali contratti.
Tornando alla domanda e semplificando al massimo, credo che investire sia acquistare ad esempio un’azione perché si crede nella capacità di creazione di valore dell’azienda cui il titolo fa riferimento. Speculare prescinde da tali valutazioni.

5. Cosa fai dopo un trade sbagliato per colpa tua?
Registro immediatamente nel diario gli errori che ho fatto e cerco di imparare dagli stessi. Subito dopo mi metto il trade dietro le spalle e guardo al prossimo.

6. È possibile operare per anni sempre con la stessa tecnica?
Certamente, sono un fautore della semplicità. Ad esempio, nel mio trading non utilizzo alcun indicatore o oscillatore, ma solo l’analisi del movimento dei prezzi, basata su concetti elementari di trend, massimi e minimi precedenti e così via. Certo, è importante comprendere come l’adattamento alle mutate condizioni dei mercati, elemento questo imprescindibile dalla nostra professione, sia un elemento necessario. Quindi la risposta è sì, laddove si pensi alla “stessa tecnica” come ad un qualcosa in perenne divenire e mai realmente determinato.

7. Che peso ha lo studio nel mantenimento di buone performance? È possibile continuare a guadagnare senza studiare?
No, nel modo più deciso.

8. Trading part time o trading a tempo pieno. In cosa sono simili e in cosa sono diversi?
Avendo fatto una scelta radicale come quella di abbandonare il mio lavoro per il trading posso dire con cognizione di causa come questo sia fondamentalmente un errore. La ragione è che le probabilità di successo sono prevalentemente contro chi si mette su questa strada, anche il fatto di riuscire in questa professione esercitata in modo esclusivo rappresenta certamente l’eccezione alla regola. Da qui è seguita la scelta di creare prima un sito, poi una serie di attività dedicate più che alla formazione alla sensibilizzazione dei trader e degli aspiranti tali sulle insidie che questo mestiere nasconde che sul percorso, come amo chiamarlo, da seguire verso la professionalità. Ecco, preferisco porre l’accento sul trading professionale, piuttosto che sulla definizione di trader part-time e trader full time. Su questo non ci sono dubbi il trading è e deve essere un’attività svolta in maniera professionale prescindendo dal tempo che durante la giornata si ha a disposizione. Ne consegue la distinzione che preferisco tra professionisti e dilettanti e qui torna il tema della simulazione a me tanto caro.In sintesi, come negli sport professionistici, nel trading è necessario allenarsi e prepararsi a fondo prima di affrontare i mercati, dove le nostre controparti sono i migliori professionisti al mondo sin dal nostro primo trade, ma anche nell’ultimo fatto ieri prima della chiusura dei mercati.

9. La prima regola di Paul Tudor Jones è “proteggi quello che hai”. A parte i soldi, cosa deve proteggere un trader sopra ogni cosa?
Quello che altri prima di me hanno chiamato il capitale psicologico. Nel mio caso la certezza che, citando (vado a memoria) un’affermazione di Linda Raschke nel famosissimo libro di interviste “Market Wizard”: “ovunque io mi possa ritrovare nel mondo, con un minimo di capitale ed una “quote machine” so che potrò sempre guadagnarmi da vivere”.

10. Esistono gli imprevisti, o lo stop loss usato rigidamente li elimina di fatto?
Certo che esistono, basti citare lo slippage e improvvise mancanze di liquidità, con cui anche il sistema di stop più rigido deve fare i conti.

11. Cosa è più formativo per te come trader? Alludo all’attività di pensiero che più ti rafforza per operare…
Il fatto di concentrarsi sulle cose positive e non solo sugli errori.

12. Nel trading disciplinato che spazio c’è per l’intuito?
Innanzitutto dipende da che tipo di trading ci si riferisce, con quello sistematico una volta disegnato il proprio trading system esiste solo la disciplina, anche se ovviamente l’intuito può essere molto utile nella fase di progettazione. Per quanto riguarda il trading discrezionale, che è quello che io pratico, credo che l’intuito abbia un ruolo importante e talvolta decisivo.

13. Immagino che una parte dei denari guadagnati non vengano reimmessi nel trading. In cosa li investi? Ancora titoli, case, opere d’arte?
Nelle cose più sicure e con rendimenti certi, assenza di commissioni o costi di gestione e massima trasparenza. Un esempio per tutti può essere quello dei “pronti contro termine”.

14. Una buona parte dei trader di alto livello scrivono libri, e sugli altri c’è chi scrive libri. A cosa serve (a parte i diritti d’autore): a chiarirsi le idee, a diventare più famosi, a far parte di una comunità più ampia? Puro narcisismo?
Nel mio caso scrivere un libro è stato fin dall’inizio uno degli obiettivi principali, poiché l’enorme sforzo richiesto dalla mia professione in termini di studio e di preparazione per arrivare alla conoscenza acquisita in materia di mercati finanziari e di tecniche di trading credo trovi un naturale sbocco nella condivisione di questa stessa conoscenza. Nel mio caso, tornando a quanto detto prima, l’attività editoriale in generale e di formazione è proprio finalizzata ad evitare che altri ripetono l’errore che io stesso ho commesso, ma seguano il percorso più corretto per avvicinarsi e intraprendere questa professione.

15. Cosa si può imparare dai libri di altri trader? Siamo sicuri che dicano proprio tutto tutto tutto?…
L’importante in ogni libro che leggo sull’argomento è che mi dia un’idea, anche una sola, sulla quale lavorare e da implementare nella mia strategia e metodo di trading. Non m’interessa se chi scrive lo fa per soldi, perché non riesce a fare trading o per altri motivi. Per me è sufficiente avere un’idea da ogni libro che leggo. A questo proposito, tengo a precisare che personalmente non ho alcun interesse a sapere se l’autore guadagna realmente oppure scrive solo libri, anche perché le sue parole sono spesso rivelatrici molto più di quanto possono esserlo altre fonti di prove, che ritengo spesso dubbie.
In generale, è anche vero che non è detto che chi guadagna col trading sappia anche insegnare e a volte ci sono ottimi scrittori e insegnanti, che magari sono dei pessimi trader. Anche questo fattore contribuisce al mio disinteresse per la track record degli scrittori in questo settore.
Detto questo e per rispondere alla domanda, non può interessarmi se l’autore riveli o meno tutti i propri segreti, ammesso che ce ne siano. Credo fortemente che questi cosiddetti segreti in un modo o nell’altro non esistano realmente, la mia stessa filosofia è basata proprio sulla condivisione di tutto quello che ho imparato e conosco in materia economico finanziaria e per quanto riguarda il trading sotto tutti gli aspetti.

Fonte: Tradando - Intervista a Stefano Bargiacchi

VEDI ANCHE:
Intervista a Profste per l'Italian Trading Forum - ITF - Napoli 2007

Intervista a Profste per l'Investment Trading Forum - ITF - Rimini 2008