L'intervista originale che era composta da 25 domande è stata tagliata, probabilmente per problemi di spazio e la cosa mi è un po' spiaciuta poiché avevo risposto a tutte le domande mettendoci qualcosa di mio e non in modo superficiale e frettoloso.
Una cosa che mi ha molto colpito è stato il taglio subito dalla risposta all'ultima domanda che vi riporto qui:
Quando non fai trading, cosa ti piace fare?
Dedicarmi alla mia famiglia.
Mi rendo conto che non sia magari una cosa molto entusiasmante e probabilmente non meritevole di essere riportata, ma per me è stata forse la risposta più importante di tutte le 25 domande e volevo rendervene partecipi.
Ho deciso quindi di pubblicare qui l'intervista integrale e senza modifiche rispetto alle risposte orginali, perché nel rispondere alle domande ho comunque presentato una parte di me che mi spiacerebbe andasse persa, anche perché immagino possa interessare qualcuno di voi (qui invece trovate quelle che sono sopravvissute).
1. Cosa pensavi del trading e dei traders prima di dedicarti a questa attività?
Sinceramente, non avevo neanche ben capito che esistessero. Anche se può sembrare molto grave. La verità è che pur avendo visto Wall Street nel 1987, da quel giorno sapevo inconsciamente dove sarei voluto arrivare, anche se non avevo idea che si chiamasse trading.
2. Cosa ti ha spinto a iniziare?
La scoperta che esistevano i trader e il trading: è stato un punto di non ritorno.
3. Hai avuto successo all’inizio?
Ovviamente no, rispettando pienamente le probabilità che sono tutte a sfavore di chi inizia.
4. Hai cominciato a operare con un capitale importante (rispetto alle tue disponibilità) o con una piccola frazione?
Sempre con una piccola frazione, talmente piccola che si è limitata ai soli costi di impianto, tra i quali ho compreso quelli delle prime perdite di cui sopra, poiché poi mi sono dedicato allo studio e alla simulazione fino al momento in cui non sono arrivato a sopravvivere alla mia curva di apprendimento.
5. Cosa ti ha consentito di sopravvivere? Quali sono state le lezioni più importanti che i mercati ti hanno dato?
La simulazione è l’arma che permette a chi inizia di sopravvivere a se stessi. La lezione più importante è quella della netta distinzione tra dilettanti e professionisti, quindi il fatto che sui mercati non si può improvvisare, perché le nostre controparti sono in ogni momento i migliori professionisti al mondo. Esistono pochi ambiti dove si può dire la stessa cosa.
6. Hai capito sin dall’inizio che il trading sarebbe diventato il tuo lavoro, oppure c’è stato un momento successivo in cui la cosa ti è diventata evidente?
Fin dal momento in cui, tornando a quanto detto prima, ho scoperto che esisteva un lavoro così ho capito che sarebbe stato il mio.
7. Che tipo di trader sei?
Tornando alla distinzione tra professionisti e dilettanti, che è a mio avviso la vera distinzione da fare in questo settore, che si contrappone a quella che ritengo fuorviante tra trader part-time e trader full time, posso affermare di essere un trader che affronta i mercati in modo professionale. Inoltre, avendo nel trading la mia unica occupazione, posso essere classificato come trader professionista, anche se non lo ritengo un elemento discriminante. Se posso aprire una parentesi, non è importante il fatto di affiancare al trading altre attività, ma l’approccio che si segue nell’affrontare i mercati. Ci possono essere quindi trader part-time che lo fanno in modo assolutamente professionale, cui si contrappongono trader full time che presentano approcci amatoriali, anche se ovviamente ciò porta inevitabilmente alla non sopravvivenza.
8. Ci dici qual è la tua visione fondamentale del mercato, quella che sta alla base del tuo approccio, e le tue idee sul trading?
Evitare nel modo più assoluto di fare previsioni che vadano oltre i prossimi 5 minuti.
9. Non ti chiedo nemmeno se ritieni che la disciplina sia un’arma vincente, anzi necessaria… lo dicono più o meno tutti i trader di un certo successo. Ma nessuno va molto oltre questa sorta di dogma. Potresti provare a dirci come si sconfiggono praticamente i “nemici” della disciplina?
A me hanno aiutato molto le tecniche di biofeedback, cui ha dedicato approfondimenti anche nei miei seminari. Ad esempio, l’utilizzo del cardiofrequenzimetro durante le sessioni di trading a mercati aperti, proprio come fanno gli sportivi, per monitorizzare la mia performance.
10. Mi è sempre piaciuto il precetto di Paul Tudor Jones: “proteggi quello che hai”. Tu in tutti questi anni, cosa hai cercato sempre di proteggere come il tuo bene primario, nel trading ovviamente?...
Il capitale psicologico e monetario.
11. Tu sei un trader sistematico sempre e comunque o la discrezionalità a volte può e deve entrare in gioco? Se sì, quando e come entra?
Discrezionale, anche se inquadrato in un contesto di regole sistematiche. Quindi si entra e si esce aspettando che le stesse siano soddisfatte, cercando perciò di ridurre al minimo i margini di discrezionalità.
12. E l’intuito, che spazio ha nelle tue decisioni?
Elevato, ma solo perché deriva dall’esperienza legata alle numerose situazioni viste e vissute sui mercati. Intuito che quindi va ricondotto nel quadro del sistema di regole di cui parlavo poc’anzi e non dev’essere mai confuso con il trading basato unicamente sull’istinto, che ritengo essere una strategia decisamente rischiosa e con scarse probabilità di successo.
13. Lavori più con gli indicatori o più con i pattern?
Nessuno dei due, mi limito l’osservazione del prezzo e del valore.
14. E i volumi danno indicazioni importanti per le tue strategie di trading?
Sì, ma solo sui grafici giornalieri. In intraday mi baso più sull’ampiezza delle barre, degli swing e sulla lettura del time & sales (il buon vecchio tape reading).
15. Sei alla ricerca costante di nuove tecniche o strategie, oppure tendi a seguire sempre la stessa?
La capacità di adattare la propria strategia alle mutevoli condizioni dei mercati è un elemento imprescindibile di ogni tecnica o metodo di trading, come ad esempio si è visto chiaramente in questi ultimi mesi. I mercati cambiano di continuo, quindi la stessa metodologia deve continuamente adattarsi alle nuove condizioni, anche se può rimanere inquadrata in un disegno che di fondo resta sempre lo stesso. Diciamo che è lo stesso metodo e tecnica di trading che, a mio avviso, non è mai realmente definito ma in perenne divenire.
16. Sei sicuro che le tue idee e strategie saranno utilizzabili anche tra qualche anno? Cosa succederebbe se nel mercato si producesse una modificazione strutturale nel comportamento tale da metterti fuori gioco?
La risposta a questa domanda è implicita nella risposta precedente.
17. Qual è la relazione tra i tuoi trade vincenti e perdenti, dal punto di vista percentuale e del rischio-rendimento?
Il rapporto rischio rendimento deve essere minimo di uno a due, altrimenti non apro nessuna posizione e aspetto che si presenti un’opportunità con queste caratteristiche. Per quanto riguarda la relazione tra trade vincenti e perdenti ho una percentuale di trade positivi molto elevata, direi quasi troppo perché questo, ho notato, può talvolta diventare un problema. Ci si abitua, infatti, facilmente ad avere (quasi) sempre ragione, con il rischio di disabituarsi agli errori che sono parte integrante di questo lavoro. Quando inevitabilmente gli errori arrivano possono portare ad un incremento nell’assunzione dei rischi totalmente ingiustificato. È molto meglio avere un rapporto più equilibrato tra trade positivi e negativi, perché mantiene l’abitudine a reagire alle perdite e agli errori che ritengo essere un elemento vitale per ogni trader.
18. In base a cosa decidi che il trade che hai aperto è sbagliato?
Di solito capisco quasi immediatamente di aver commesso un errore, questo grazie all’intuito di cui parlavamo prima. Il problema è che spesso tardo a riconoscerlo o meglio ad ammetterlo a livello conscio e questo può portare ai problemi di cui sopra.
19. Il money management è una tecnica ‘indipendente’? O tu attui un risk management, che è un approccio più complessivo al problema?
Mi scuso, ma non ho capito la domanda.
20. Hai una regola precisa a questo riguardo? Ad esempio dei limiti percentuali a ogni trade, o alla posizione complessiva… Puoi dirci con poche parole come ti regoli da questo punto di vista?
Uso degli stop monetari, quindi non rischio mai più di x punti o x euro o x dollari per ciascun contratto o trade.
21. Tutti i trader con i quali ho parlato hanno sottolineato l’importanza dello studio. Ma servono solo i libri tecnici o possono aiutare anche autori del tutto lontani, che ne so, Sun Tzu, Dostoevskij, Giulio Cesare, Schnitzler…
Secondo me possono aiutare addirittura di più dei libri tecnici, che restano comunque un elemento indispensabile della preparazione.
22. Il Software, la potenza di calcolo… John Bollinger scelse i mercati finanziari perché gli sembrarono il terreno più fertile per procurarsi un vantaggio competitivo con l’uso della tecnologia… Oggi la tecnologia è diffusa e il più stupido portatile ha una potenza enorme… come è possibile, oggi, ricrearsi un vantaggio competitivo? Sempre con la tecnologia? O con che altro?
Un vantaggio che vedo, a prescindere dalla tecnologia a disposizione, sta nel fatto che dietro la tecnologia ci sono degli esseri umani e che questi come tali possono sbagliare. Penso soprattutto ai quant fund, che quest’estate hanno sperimentato perdite davvero enormi, dimostrando come anche i sistemi tecnologicamente più avanzati abbiano dei punti deboli che i singoli trader possono sfruttare. Questo non significa che farlo sia un compito facile, tutt’altro, ma dimostra che un vantaggio può risiedere nella semplicità, contrapposta al crescente impiego della tecnologia nel trading.
23. Ci dai la tua definizione di “capitale psicologico”? E ci dici come conservi e sviluppi il tuo?
A costo di ripetermi, cito ancora (a memoria) Linda Raschke nella sua intervista su Market Wizard: “ovunque mi debba trovare nel mondo so che con una quote machine sarò sempre in grado di guadagnarmi da vivere”. Il segreto per conservare e sviluppare il mio capitale psicologico sta nella simulazione.
24. Qualche tua parola riguardo a: paura, avidità, autostima…
Sono elementi spesso imprescindibili dell’attività di trading. Il problema è il ruolo spesso invertito che si dà, ad esempio, alla paura e all’avidità. Credo quindi sia importante saper dare il giusto peso e ruolo a ciascuno di questi fattori, perché diventino componenti del nostro vantaggio e non elementi di disturbo nel percorso verso la profittabilità.
25. Quando non fai trading, cosa ti piace fare?
Dedicarmi alla mia famiglia.
Fonte: Italian Trading Forum - Napoli: Intervista a Stefano Bargiacchi
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Intervista a Profste per Tradando
Intervista a Profste per l'Investment Trading Forum - ITF - Rimini 2008