Giunti al termine di questo mese di agosto 2007, che passerà alla storia come l'agosto nero delle borse internazionali, cerchiamo di analizzare insieme quanto accaduto, anche se la crisi finanziaria credo sia tutt'altro che terminata.
Andiamo con ordine. Ci siamo lasciati, prima della pausa estiva, con un movimento laterale del nostro indice e future S&P MIB, che si protraeva fin dal mese di aprile in prossimità dei massimi intorno ai 44.000 punti. Il nostro indice aveva segnalato prima degli altri ciò che poi si sarebbe verificato durante l'estate, poiché proprio in quei mesi stava sottoperformando gli indici delle principali borse mondiali. Questo evento da solo ha confermato il ruolo di indice guida che il nostro S&P MIB ha assunto da qualche anno a questa parte, in quanto molto spesso anticipa ciò che poi puntualmente si verifica sulle altre piazze finanziarie.
Durante i mesi di luglio prima e agosto poi, si è quindi innescato quel movimento al ribasso che ha poi destato più di una preoccupazione, riflessa puntualmente dei titoli dei principali quotidiani, che hanno correttamente interpretato il sentimento dominante sui mercati. A tal proposito ritengo necessario aprire una parentesi, proprio nei giorni di maggior crisi mi è capitato di leggere una serie di riflessioni in proposito che accusavano i giornali di seminare il panico, senza realmente sapere ciò che stava accadendo sui mercati finanziari. È certamente vero che principali quotidiani e testate italiane si sono astenuti dal proporre analisi approfondite, salvo qualche raro caso, ritengo tuttavia che è alla ricerca di spiegazioni non superficiali non si rivolga ai quotidiani, ivi inclusi quelli dedicati all'informazione economica e finanziaria. Ritengo altresì che il compito dei quotidiani e settimanali sia quello di registrare ciò che accade nel mondo, riflettendo i sentimenti della maggior parte delle persone a fronte di tali eventi, se questo punto si pensa che ovviamente la maggioranza non è composta da specialisti in economia e finanza, così come spesso non sono specialisti coloro che sui quotidiani si occupano di queste cose, essendo più facilmente identificabili come cronisti di economia finanza. Come tali credo svolgano il loro lavoro correttamente, poiché si fanno interpreti dei sentimenti della maggioranza.
Ecco quindi che ritengo sia il compito di altre fonti di informazione, come ad esempio i blog finanziari o i siti specializzati in economia finanza, cercare di analizzare in modo più approfondito e possibilmente oggettivo quanto accaduto. Sempre durante questi mesi estivi, mi è capitato raramente di imbattermi in analisi di qualche valore proveniente da fonti di informazione nazionale, se si escludono gli innumerevoli interventi dove chi scriveva si limitava a constatare come lo avesse perfettamente previsto e segnalato ai propri lettori con largo anticipo. Per contro i blog economico finanziari stranieri hanno svolto un eccellente lavoro di analisi, cui io stesso mi sono rivolto per approfondire le mie conoscenze sul tema. Non voglio certo di fare la solita scontata critica ciò che accade entro i nostri confini, per esaltare quello che avviene al di fuori degli stessi, ma ritengo necessario sottolineare come spesso manchi del tutto un tentativo di analisi approfondita degli eventi cui assistiamo sui mercati finanziari.
Chiudendo la parentesi, nella quale mi scuso per la lunghezza, proviamo a partire proprio da quella che è stata più volte additata come la causa della crisi delle borse internazionali: i mutui subprime. Iniziamo subito col dire come il problema sia in realtà molto più ampio e si possa in realtà identificare come un problema che riguarda il credito in generale e di cui il problema dei mutui ad alto rischio rappresenta la punta dell'iceberg. Cerchiamo quindi di riassumere quanto accaduto, che ebbe inizio subito dopo l'11 settembre con il ribasso dei tassi di interesse portati dalla federal reserve ai minimi storici, addirittura al di sotto del tasso di inflazione, rendendo così l'accesso al credito estremamente facilitato poiché di fatto ci si è trovati in presenza di tassi di interesse negativi. Lo scopo di questa politica monetaria espansiva era ovviamente quello di sostenere l'economia ed evitare una crisi profonda che l'attacco alle torri gemelle avrebbe potuto aggravare.
La conseguenza di questo accesso facilitato al credito, da parte di tutti ha portato con sé gli elementi poi sfociati nella crisi di quest'estate. Anche mantenendo una prospettiva italiana alle conseguenze innescate dai bassi tassi di interesse, si può osservare il rialzo del mercato borsistico iniziato nel 2003, con gli eccessi che lo stesso prodotto, come le scalate dell'estate 2005: antonveneta, bnl ed rcs, tutte basate su capitali acquisiti in prestito dagli stessi scalatori, fino ad arrivare al recente scandalo Itallease, che non a caso è stato innescato dal rialzo dei tassi di interesse avvenuto a partire dal 2006, come conseguenza di un uso discutibile degli strumenti derivati da parte del management dell'istituto.
Per quanto riguarda ciò che è avvenuto negli Stati Uniti, la conseguenza del facilitato l'accesso al capitale di prestito ha portato nel caso più evidente dei mutui ad alto rischio abbinato alla bolla del mercato immobiliare alla costruzione di un castello di carta, che tutti sapevano non potesse durare.In sostanza, la catena di eventi innescata dai continui rialzi nel prezzo delle abitazioni ha portato all'accensione di mutui per l'acquisto di case, anche a scopo speculativo nel caso di seconde terze e quarte case, che spesso arrivavano al 100% del valore dell'immobile e anche oltre se si pensa a quei mutui che vedevano le prime rate rimborsare solo una parte del costo degli interessi, portando di fatto ad un debito crescente di mese in mese. Negli ultimi due anni, sono sorte forme di finanziamento a tasso variabile che nei primi anni di rimborso proponevano ai sottoscrittori tassi d'interesse molto bassi, i cosiddetti teaser rate, portandoli a sottoscrivere dei mutui che si sarebbero rivelati vere e proprie bombe ad orologeria, nel momento in cui il tasso di interesse fosse stato allineato a quelli di mercato, che nel frattempo stavano aumentando, a causa della fine della politica di ribasso dei tassi di interesse praticato dalla fed.
Ecco quindi che nell'ultimo anno sono aumentati a dismisura il numero di mutui non onorati, a questo si è abbinata la fine della bolla speculativa immobiliare che ha visto negli Stati Uniti una diminuzione del prezzo delle abitazioni. Chi aveva acceso un mutuo negli ultimi due anni si ritrovava quindi con un debito superiore al valore di ciò che aveva acquistato, abbinato a tassi di interesse in aumento che si riflettevano in aumenti della rata mensile da corrispondere. A quel punto, anche vendendo la proprietà acquisita non si riusciva ad estinguere il mutuo e molte famiglie si sono ritrovate costrette a sospendere i pagamenti, con tutti problemi conseguenti per loro e per gli intermediari finanziari che avevano erogato i mutui. Se a ciò si aggiunge il fatto che i mutui subprime erano concessi a persone con una storia debitoria problematica, cui spesso non si chiedeva neanche di dimostrare la possibilità di pagare il mutuo, ad esempio dando informazioni sulla propria professione e situazione patrimoniale.
Purtroppo i problemi non finivano qui, poiché le banche concedenti i mutui al fine di non esporsi a loro volta al rischio legato al rialzo dei tassi, cedevano immediatamente i mutui ad altre istituzioni finanziarie. In sostanza, la banca erogatrice non era altro che un venditore, poiché cedendo immediatamente il debito ad altri si liberava dei rischi ad esso connessi. Da qui derivava la conseguente minor rigidità nella concessione degli stessi.
Anche coloro che acquistavano dalle banche i debiti, li rivendevano a loro volta ad altre istituzioni finanziarie con un meccanismo abbastanza complesso che vedeva il sezionamento di ogni singolo debito in più parti, che si andavano a cumulare poi in nuovi strumenti finanziari, che assumevano la forma di titoli obbligazionari, sottoposti alle società di rating per una valutazione basata sulle singole componenti degli stessi titoli e non più sull'affidabilità dei debiti originari. Ecco quindi che sul mercato venivano immessi titoli con una valutazione di affidabilità superiore a quella reale. Chi erano i destinatari di questi titoli? C'è un lungo elenco di acquirenti che basandosi sui rating delle agenzie come metro di giudizio per i titoli che stavano acquistando, si è ritrovato a possedere enormi quantitativi di obbligazioni poi investite dal problema dei mancati pagamenti dei mutui di cui sopra. Tra questi ci sono numerosi fondi pensione, investitori istituzionali fino ad arrivare ai tanto famigerati hedge fund, che meritano un ulteriore approfondimento.
Molti di voi sapranno che questi hedge fund non sono altro che i fondi di investimento, molto simili ai comuni fondi cui hanno accesso tutti i risparmiatori, la differenza sta nell'ammontare minimo delle somme investite negli stessi, solitamente molto elevato, e nel tipo di strategia di investimento adottata. Spesso questi fondi investono sia rialzo sia al ribasso, laddove i tradizionali fondi comuni investono solo al rialzo, fino ad arrivare a dotare complesse strategie basate su modelli matematici, si tratta dei cosiddetti quant fund o fondi quantitativi, elaborati da computer che poi operavano automaticamente sui mercati immettendo ordini di acquisto e vendita a seconda del verificarsi di determinate condizioni, le cosiddette black box. In realtà, esiste una precisa distinzione tra i fondi quantitativi e il black box trading, anche se in questa sede preferisco semplificarne l'esposizione. Un altro fattore alla base dei problemi sfociati nella crisi dei mercati finanziari, risiede nel fatto che questi hedge fund facciano massiccio ricorso al credito, grazie al cosiddetto effetto leva, arrivando ad investire cifre molto più elevate rispetto al patrimonio gestito. Per fare un esempio l'effetto leva può arrivare a trasformare ogni euro o dollaro di capitale investito in 30 euro o dollari investibili, ciò permette una moltiplicazione dei rendimenti, ma anche delle perdite eventuali. Un altro problema risiede infine nel fatto che questi fondi adottano spesso strategie molto simili, ciò può dar luogo ad effetti a catena che si innescano qualora questi fondi inizino a perdere, come avvenuto, e si trovino a dover liquidare massicce quantità di titoli per far fronte agli impegni presi nel momento in cui si è ricorsi al credito per utilizzare la leva finanziaria. La similitudine nelle strategie crea quell'effetto a cascata per il quale questi fondi all'iniziato a perdere tutti insieme e tutti insieme hanno cercato di liberarsi di enormi quantità di titoli scaricati sul mercato, con la conseguente caduta delle quotazioni degli stessi, anche perché in mancanza di compratori, la discesa dei prezzi è stata velocissima.
Arrivati a questo punto dovrebbe essere chiaro, e mi scuso per la lunghezza dell'esposizione che ho cercato di sintetizzare e semplificare al massimo, la sequenza di eventi che ho tentato di ricostruire e che ha portato alla crisi dei mercati finanziari cui abbiamo assistito e che, lo ripeto, è tutt'altro che terminata.
Man mano che aumentavano i mutui insoluti, parallelamente alla diminuzione del prezzo degli immobili, gli investitori istituzionali citati si sono ritrovati con un enorme numero di titoli che ritenevano sicuri il cui valore continuava a scendere. Nel tentativo di liberarsi di questi titoli si sono innescati gli effetti a catena descritti sopra che hanno portato al crollo dei mercati finanziari a livello globale. A quel punto le banche centrali di tutto il mondo sono intervenute con le note immissioni di liquidità sui mercati, per cercare di tamponare la situazione derivante da quella che è una crisi del credito, non solo limitata al problema dei mutui ad alto rischio, come avrete compreso da quanto descritto sopra. L'immissione di liquidità sono state ben più alte di quelle che seguirono l'11 settembre, ma apparentemente non sono bastate a frenare la caduta dei mercati. Si è così giunti al fatidico venerdì 17 agosto 2007, dove fin dalle prime ore del mattino con il crollo delle borse asiatiche, tutti si aspettavano quello che si sarebbe rivelato come un vero e proprio venerdì nero. A dire la verità fin dal giorno prima si susseguivano voci su un possibile intervento della fed, voci che avevano dato luogo ad un repentino rialzo delle borse americane prima della chiusura. Poi poco prima dell'apertura di venerdì delle borse statunitensi ecco l'annuncio a sorpresa della fed, un ribasso del tasso ufficiale di sconto di mezzo punto percentuale o 50 punti base. Sorpresa in realtà relativa solo alla massa degli investitori, poiché il rialzo repentino prima della chiusura di giovedì 16 sui mercati americani rivela come vi fosse una parte di investitori ben informati. Da notare come proprio quel venerdì 17 agosto era anche una giornata di scadenza delle opzioni, che ha dato all'intervento della fed un impulso ancora maggiore di quello che comunque si sarebbe verificato. In estrema sintesi, Bernanke ha probabilmente approfittato del fatto che numerosissime opzioni put (che puntavano su un ribasso degli indici impensabile sino a poche settimane prima), che avrebbero probabilmente arricchito i loro possessori, poiché sarebbero state loro corrisposte delle somme molto elevate se gli indici americani fossero stati sotto un certo livello al momento della scadenza delle stesse. L'annuncio del ribasso dei tassi avvenuto poco prima dell'apertura dei mercati, ha costretto moltissimi investitori con opzioni in scadenza a correre al riparo acquistando contratti future basati sugli indici e dando così un ulteriore spinta al rialzo alle quotazioni. Anche questa è una spiegazione semplicistica di quanto accaduto, che spero risulti sufficientemente chiara a tutti.
La mossa della fed ha salvato i mercati da quel venerdì nero annunciato, che poi non si è verificato. Da quel giorno il partito un recupero di tutte le borse internazionali che oggi è ancora in atto, anche se i problemi descritti e la crisi creditizia sono ancora presenti e non hanno, a mio avviso, ancora del tutto esaurito i propri effetti che probabilmente si faranno sentire ancora nei mesi e negli anni a venire. Questo perché il comportamento delle banche centrali ha dato luogo ad un problema di moral hazard, che in sintesi porta gli investitori istituzionali e i gestori dei fondi hedge (che a gran voce avevano richiesto e sperato in un intervento della fed che li salvasse dalle ingenti perdite presenti e future) ad assumere rischi più elevati poiché confidano proprio nell'intervento delle banche centrali che eviti loro le conseguenze più gravi delle loro scelte di investimento. Se quindi per il momento la crisi è stata evitata, non è possibile sapere quali sono le conseguenze cui assisteremo in futuro sia nel breve sia nel lungo periodo, di quanto accaduto.
Il consiglio per tutti è quello di prestare un'estrema attenzione e cautela nelle proprie scelte di investimento, perché mai come nel corso di questo 2007 i mercati finanziari hanno mostrato tutta la loro fragilità. Con questo non è mia intenzione predire catastrofi o simili, poiché altrimenti io stesso deciderei di cambiare mestiere, è solo un monito a prestare una maggiore attenzione nelle proprie scelte di investimento. Mai come oggi è importante sapere in cosa si investe, che cosa si compra, poiché se anche gli investitori istituzionali, che dispongono di una quantità di informazioni sicuramente maggiore e più accurata di quella di cui dispone l'investitore comune, hanno dimostrato come sia facile sbagliare, risulta facile immaginare quale sia la situazione che si trova davanti chi debba fare delle scelte di investimento.
Vedi anche:
Program Trading, Algorithmic Trading e Black Box Trading
Crisi dei Mutui Subprime: il discorso di Bernanke presidente della Federal Reserve di Venerdì 31 Agosto 2007